SEGNALAZIONE
Carissimi, sono da poco capitata su un sito che mi ha lasciato alquanto perplessa. Non essendo esperta dell’argomento mi sto domandando se ci sia davvero un modo per dimenticare un amore scomodo attraverso una pillola come pubblicizzano nel sito http://bit.ly/TbbiT5 . Un po’ come nei film di fantascienza.
Grazie,
Federica
COMMENTO REDAZIONALE DI CLAUDIA FABRIS
Una pillola rivoluzionaria ci salverebbe dalle pene d’amore per la perdita del partner, rimedio molto più efficace rispetto al rivolgersi ad un bravo psicoterapeuta. Ma non è finita qui. Si prospetta anche la possibilità di usufruire, in futuro, di un farmaco in grado di inibire l’instaurarsi di legami duraturi con un partner, avvertendo, però, delle possibili controindicazioni: la sperimentazione su animali ci informa che inibire l’ossitocina interferisce anche con l’instaurarsi di tutti i rapporti umani, non solo quelli romantici.
Ma l’aspetto più sorprendente, come si evince dall’articolo, è la possibilità di utilizzo del farmaco con la finalità di controllare le emozioni degli individui violenti. La narrazione prosegue fantasticando di un mondo nel quale si troveranno, tra gli scaffali della farmacia, le pillole per il perduto amore, in grado di intervenire,e prevenire, i casi che arricchiscono la cronaca nera con uno sterminato elenco di violenze tra ex amanti, stalker, suicidi. Quando si passa alla violenza, allo stalking e all’omicidio,a dire dell’autrice,non sempre la psicoterapia ha successo…
Queste considerazioni paiono scordare l’importanza delle emozioni: rivestono un ruolo sociale fondamentale e sono parte integrante della nostra intelligenza, di quella sua forma definita “intelligenza emotiva”.
Le emozioni sono ciò che ci rende esseri umani in grado di interagire con gli altri con successo. È discutibile l’entusiasmo per l’opportunità di sopprimere il dolore dall’esistenza: superare le frustrazioni, elaborare il lutto, sono aspetti dell’essenza umana che assolvono ad una loro funzione specifica. Perdere l’amore, spesso, è l’occasione per interrogarsi, comprendersi, conoscere meglio l’altro come diverso da sè, approfondire la conoscenza di se stessi per potere poi affrontare l’amore successivo con maggiore consapevolezza, avvicinandosi ad abbracciare quello stato di benessere personale, se non di felicità esistenziale, che tutti ricerchiamo.
Straordinaria, poi, l’idea che una pillola possa esercitare un’influenza tale da neutralizzare violenti e stalker; una pillola che volontariamente questi soggetti dovrebbero decidere di autosomministrarsi per evitare di fare del male agli altri, o a se stessi, anziché rivolgersi allo psicologo o allo psicoterapeuta per affrontare questo particolare momento di vita.
Chi mette in atto comportamenti violenti esprime una sofferenza, ma è attraverso l’approfondimento dei motivi che vi sottostanno che si può facilitare il processo di cambiamento individuale. Chi mette in atto comportamenti violenti va aiutato a riflettere e a conoscere le dinamiche emotive che sottendono a questo comportamento, quale espressione disfunzionale di bisogni ed emozioni.
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PARERE DEL DOTT. NICOLA MATERASSI
La questione relativa al “Curare il mal d’amore (o lo stalking) con una pillola” presenta un sapore sensazionalistico che suscita emotività e rischia di allontanare dalla logica.
Innanzitutto bisogna distinguere tra pena d’amore e stalking: si tratta di fenomeni con manifestazioni e conseguenze molto diverse e la prima non implica il secondo.
L’argomento in se è accattivante in quanto, a qualche livello, le pene d’amore probabilmente riguardano o hanno riguardato quasi tutti noi in qualche momento della vita.
Inoltre, rimanda all’interessante riflessione relativa all’uso di molecole in grado di modificare i nostri stati interni(esperienza in prima persona)a scopo terapeutico.
La possibilità di modulare gli stati mentali mediante principi attivi con effetti sulla neurobiologia del sistema nervoso centrale ha spesso creato reazioni negative basate in parte su pregiudizi ma anche eccessivi entusiasmi e riduzionismi.
Il progressivo sviluppo delle conoscenze in ambito neuro scientifico e la conseguente opportunità di creare molecole in grado di modulare differenti stati mentali crea sempre più occasioni di dibattito e affina la possibilità di un loro uso sempre più mirato.
L’argomento in oggetto andrebbe affrontato in primo luogo a livello epistemologico per evitare che eventuali giudizi siano basati su credenze (opinioni) invece che su valutazioni scientifiche. In tal senso non dovremmo prescindere da un approfondimento della filosofia della mente, l’ambito filosofico che studia il mentale (cos’è il mentale, la coscienza) ei suoi rapporti con il fisico (il cosiddetto problema mente-corpo).
Tornando al tema, va detto che non ha molto senso parlare di mal d’amore in modo generico e che la sofferenza va certamente trattata quando ci troviamo di fronte ad una fenomenologia che si configura come disturbo (o malattia).
Parliamo di un amore non corrisposto o di un abbandono o di una sofferenza marcata in un amore corrisposto? La possibilità di scompenso di un’organizzazione di personalità può avvenire per la rottura di un rapporto sentimentale ma anche durante la sua formazione. Questo ci suggerisce che anche nel migliore dei casi l’attivazione emotiva legata all’innamoramento e all’amore è marcata e quindi destabilizzante per sua natura.
Nel caso di un abbandono sappiamo come spesso sia il tempo ad alleviare le pene d’amore (come per tutte le elaborazioni dovute a perdita) ma quando ciò non accade e si realizza quello stato depressivo che viene definito reattivo sarà opportuno intervenire.
La durata e l’intensità della sofferenza e il suo interferire nel normale svolgimento delle attività quotidiane (anche il buon senso lo suggerisce) sono tra gli aspetti fondamentali da valutare.
A rendere ancor più variegato il quadro esistono individui che presentano uno stile amoroso possessivo (e dipendente), che invariabilmente genera un particolare tipo di sofferenza.
L’utilizzo degli psicofarmaci fornisce un contributo fondamentale e spesso irrinunciabile in psicopatologia.
Analogamente esistono crescenti osservazioni circa l’efficacia della psicoterapia.
In linea di principio le terapie farmacologiche e quelle psicologiche non dovrebbero essere considerate alternative(cioè o l’una o l’altra) ma integrabili.
Esistono anche molti dati (alcuni basati sul neuroimaging) sull’utilità di un tipo di meditazione in alcuni distubi.
L’approccio alla sofferenza non dovrebbe mai escludere la dimensione del promuovere consapevolezza e responsabilità poiché la centralità del soggetto non può prescindere da queste dimensioni.
L’utilizzo della “pillola”, quando si rende necessario, deve avvenire all’interno di una relazione terapeutica e dopo un’attenta valutazione del rapporto rischio-beneficio da parte del clinico.
Certamente non ci sarà da rallegrarsi se le “pillole” per curare il “mal d’amore” si potranno trovare negli scaffali del supermercato. Semmai in farmacia e dietro prescrizione medica.