Dentro il mare. Il mare dentro

Girolamo Lo Verso Edizioni Magenes

Recensione di Emanuela Coppola

“È sorprendente scoprire che le piccole cose di casa nostra possano avere nobili origini” scrive Girolamo Lo Verso nel suo libro Dentro il mare. Il mare dentro. E lo scrive riferendosi all’immenso patrimonio artistico con cui la Sicilia convive come fosse una semplice strada lastricata, un edificio urbano, un vicolo in centro, senza alcun privilegio, privo di qualsivoglia caratura logistica o immaginifica che ne indichi lo splendore e l’eccezionalità.
Ciò potrebbe essere detto, allo stesso modo, di questo libro, che è poca cosa a fronte dell’estesa produzione scientifica dell’autore, ma scorrendo le pagine dell’innocente manoscritto si scoprono le sue nobili origini: Dentro il mare. Il mare dentro configura la retroguardia del pensiero, delle immagini, delle esperienze che hanno attraversato l’attività scientifica e l’esperienza clinica dell’autore. Il paradigma teorico della gruppoanalisi soggettuale elaborato da Lo Verso qui torna alle sue radici, arretra nella sua formalizzazione, si riavvolge come un nastro, si scompone mostrandosi in forma grezza: un progetto scientifico che nasce dal sogno di esplorare ciò che è profondamente umano. La relazione, l’estraneo, il femminile e il maschile, il pericolo, la passione, la meraviglia sono questi i temi che, nel testo, vengono affrontati con insostenibile leggerezza, disvelando la radicalità delle cose umane.
Nelle prime pagine, l’elogio al mar Mediterraneo si fregia di una citazione di Metevejevic (1991): “quanto più possiamo sapere di questo mare, tanto meno lo guardiamo da soli: il Mediterraneo non è un mare di solitudine”. Il mare come topos dell’incontro, dello scambio, dell’esperienza relazionale con l’altro, per un sorprendente gioco di chiaro scuri tra narrativa e scienza clinica, diviene il vessillo simbolico-evocativo della gruppoanalisi soggettuale. Nel testo, infatti, il Mediterraneo è ritratto come luogo del molteplice, metafora delle gruppalità interne che agitano la storia ed il presente, tanto del singolo quanto delle collettività, divenendo fonte inesauribile di senso e significato per moltissimi popoli che condividono un’antropologia mediterranea.
Il molteplice è presente finanche nella sintassi del racconto. Si tratta di un testo popoloso, animato vivacemente di personaggi reali ed immaginari: compagni d’immersione, sfilate di pesci variopinti, sirene, ninfe avventi che alleviano l’ottundimento di audaci e un po’ incoscienti immersioni a largo delle Egadi. Nel turbino di luoghi mitici ed eterni come i fari, gli isolotti di sabbia, i porti del Mediterraneo accade d’incontrare eroi semplici come Vincenzo, come i fratelli Calamia che mappano sapientemente il mare, quasi fosse una campo sterrato, con bottiglie di plastica alla ricerca dell’oro rosso (corallo). In questo modo, il mare si racconta, narra a se stesso storie di ordinario eroismo che solo alcuni pescatori veraci sanno compiere con estrema naturalezza, come può esserlo gettare un’ancora direttamente dentro la tana di una cernia, oppure conoscere alla perfezione i segreti dei fondali marini senza aver mai indossato una maschera. Mare dentro, per l’autore, significa soprattutto questo: autenticità espressa nella sua assolutezza nuda, quella di cui sono custodi questi protagonisti che compiono imprese straordinarie ignari della loro eccellente competenza. Mare come un’accademia di eticità, nemica dell’egocentrismo stolto, avido e senza scrupoli.
D’altro canto, con una certa vena di denuncia, l’autore ironizza su un mondo occidentalizzato che sembra non avere memoria dei suoi incanti e utilizza uno degli senari più suggestivi che la natura ha regalato all’uomo come palcoscenico iridescente per mostrare identità pompose e narcisistiche: commendatori su barconi da vip, ricchi turisti che vantano immersioni guidate con tanto d’istruttore e macchine fotografiche subacquee. Uno stare in mare che nulla ha che fare con il mare dentro ed è culturalmente distante da quella spinta che muove il subacqueo all’immersione quasi fosse un irresistibile richiamo al luogo originario. In questo senso, il messaggio che, costantemente, il testo tenta di trasmettere appare chiaro nel suo spessore psicologico ed esistenziale: l’uomo viene dal mare e per vivere il mare come dimora dell’anima è necessaria un’estrema umanità.
Ed incondizionata umanità è indispensabile per stupirsi, insieme all’autore, delle meraviglie sottomarine, inchinandosi con devozione di fronte all’immensità, alla grandezza del mare. Fermarsi e lasciarla accadere così come accadono le cose di mare in questo libro. Come quando, di tanto in tanto, la narrazione si arresta, trafitta dallo sbalordimento per abissi drappeggiati di reti da pesca che divengono sipari su mondi fluidi e cangianti dove quello che sembra apparentemente immobile può animarsi in strabilianti forme di vita operose, oppure farsi attonito quando le sue creature dissimulano difensivamente la loro presenza, incastonandosi perfettamente nelle pareti, compenetrandosi con lo sfondo, facendosi d’un tratto inanimate.
Nel mare, descritto da Girolamo Lo Verso, la vita sembra scomporsi e ricomporsi per dare l’idea di un flusso eterno, assoluto, inafferrabile nella sua indefinitezza, come tutti i luoghi del molteplice, esattamente come la psiche. Questo mare è l’esemplificazione gruppoanalitica della vita mentale.
La mente non può essere assimilata ad un immersione guidata, né ad una gita al lago, né tanto meno ad una imbarcazione perfetta e superaccessoriata.
La mente è conflittuale per eccellenza, è attraversata da turbamenti, da tempeste per le quali spesso non si è attrezzati, è salmastra perché vitale, dinamica ed interattiva a tal punto da provocare sofferenza come l’emozione che si prova sott’acqua talmente acuta da istallare angoscia, panico, precarietà ontologica. L’esperienza dell’immersione subacquea e dell’immersione psicoanalitica nel modo interno si compenetrano e si arricchiscono prendendo in prestito l’una dall’altra forme e figure della psiche, sensazioni, immagini. Tuttavia, la riflessione sull’umano non si arresta nel bozzolo liquido delle profondità marine, né tanto meno nel setting analitico, ma dialoga con il mondo, con la storia, con l’arte, con l’antropologia, con l’epistemologia fino a rivelare tutta la commozione di un accorato ringraziamento al mare, grembo filogenetico di vita, che attraverso lo stupore ed il trasalimento fa sentire vivi, ancora.

Author: Brian

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